Anche Roma partecipa alla apertura di nuovi " cammini d Europa "".
Per il
Giubileo la Regione finanzia due nuovi percorsi per la Francigena che entra nel
territorio romano.
E delega l' ASTRAL, l'Azienda delle strade regionali a
realizzarli. Dal Santuario del Sorbo di Formello si potra' raggiungere la Via
Cassia con l'apprezzabile intento di far conoscere a pellegrini e romani il
Parco di Veio e i suoi paesaggi attraverso le profonde forre e gli altipiani
dove sorgeva l' antica città etrusca.
Italia Nostra considera questo
intervento costato un milione e ottocento mila euro un importante passo per
rilanciare rutti i Parchi regionali dell area romana.
Di seguito riportiamo il contributo del Vice Presidente Oreste Rutigliano
“ Cammini “ come opere pubbliche. A Veio la Francigena regala due nuovi percorsi che mirano al cuore del Parco. Forse è il tempo di sperare di nuovo nel futuro delle nostre aree protette.
Aree Protette nell’Area
Metropolitane
Vale sempre la pena camminare nella campagna romana ed in particolare nei
Parchi regionali urbani e suburbani di Roma. Sono aree protette che si
insinuano fin nel cuore della città storica,
che la circondano, o che si spingono nell’area metropolitana fino a legarsi
con i comuni limitrofi. Strutture urbanistiche che danno respiro e spezzano la
continuità espansiva del cemento. Misurano complessivamente 24.000 ettari. Per
meglio capire si consideri che la pur grande Villa Borghese ne misura solo 80.
Pensati, voluti ed imposti dalla sezione romana di Italia Nostra in 15 anni di
lavoro insieme a tanti e meritori Comitati cittadini riuniti nel Coordinamento
Parchi guidati da Celso Coppola, uno di noi.
Qui la campagna è protetta, spazi di natura sopravvivono, il paesaggio
affascina per contrasto. Alle spalle fitte quinte di palazzi e subito avanti a
te il silenzio, i campi verdissimi o appena arati, le montagne azzurine oltre le
chiome degli alberi. La rappresentazione di una via di fuga lungo la quale in
ogni momento liberarti dal giogo dell’artificiale urbano in cui la tua vita è
ristretta.
Qualche nome è noto anche fuori Roma. Il Parco dell’Appia più di ogni altro,
ma anche Monte Mario che domina la città da Ovest. Ma Tutti meriterebbero di
essere conosciuti.
La nascita del Parco Regionale di
Veio
Ho amato e percorso in ogni direzione il Parco dell’Appia, ma anche la
Riserva Naturale della Marcigliana, una grande area agricola di 5000 ettari,
tra Salaria e Nomentana al di là del GRA, e più di tutti il Parco di Veio.
Nato letteralmente nelle stanze della sezione di Roma, dalle indicazioni
dell’architetto Espedito Tempesta, si estende su 15.000 ettari, di cui 7000 nel
comune di Roma e i restanti nel territorio di 8 Comuni contermini Sacrofano,
Formello, Campagnano, Riano, Castelnuovo di Porto, Morlupo, Magliano Romano e
Mazzano Romano in un ideale triangolo con vertice a Corso Francia tra Cassia e
Flaminia.
In tempi oggi impensabili, nei quali la cultura aveva ancora ascolto, al
Piano Regolatore di Roma venne annessa la c.d. Carta dell’Agro. Concepita dall’INARCH e dall’INU prima del
1962 raccoglie su 39 grandi tavole al 10.000 tutto quanto di storico ed
archeologico valesse la pena tutelare nella Campagna Romana oltre la cinta
delle Mura Aureliane. Negli anni a seguire al 1962 vennero censiti 6000
elementi tra antichi casali, torri, castelli, acquedotti, ruderi imponenti o
giacimenti di frammenti fittili, tracciati della rete stradale antica, fontane,
edicole. Per ciascuno una schedatura e una collocazione sulle mappe, con
appositi simboli rossi.
La Carta dell’Agro fu curata da apposito ufficio del Comune di Roma, allora
guidato dall’architetto Tempesta, che portò a termine la definitiva pubblicazione
dell’Opera. Egli ci fece notare come accanto al sito della antica città di Veio,
a circa 10 km da Roma e lungo le brevi valli che scendono al Tevere, a Nord di
Ponte Milvio, sulle mappe della Carta dell’Agro la presenza dei punti rossi
fosse più fitta che altrove. Mentre ci incitava a conoscere quel paesaggio che
li accoglieva. Era questa la sponda etrusca del fiume, che dopo la sconfitta di
Veio, rimase come annientata nei secoli e restituita a noi con le sembianze di
un tempo arcaico, che aveva conservato i segni di un lungo medioevo.
Ma bisognava fare presto. Montava allora la corsa alla villa di campagna.
Legale od abusiva poco importa. L’assalto poteva cancellare tanta ricchezza
storica e culturale. Ci obbligò ad andare. Più e più volte, a piedi, a
camminare per esplorare e capire. Fu meraviglia per le antiche tenute dai lunghi
filari di pini, per i grandi tumuli di antiche tombe, per le forre precipiti
scavate nel tenero tufo del vulcano sabatino, profonde fino a 60-70 metri,
ornate da versanti di fitti boschi abitati da istrici e tassi, a custodia di
necropoli dimenticate. Una natura che dietro l’angolo di Flaminia e Cassia
esprimeva lontananza e avventura.
Veio un tempo territorio aperto,
oggi con il Parco paradossalmente sbarrato
Fu allora possibile esplorare ovunque, lungo poderali e strade campestri e
per sentieri di cacciatori o tombaroli. Fu possibile immaginare di mettere nei
modi più cauti tutto ciò a vantaggio e godimento di tutti gli appassionati,
delle famiglie, dei cittadini.
Lasciammo testimonianza degli itinerari possibili sul dossier Veio della
rivista “ Roma Rome “, di Armando Ravaglioli, già mitico direttore di “ Capitolium
“, pubblicato nel 1985.
Ebbene, già 15 anni dopo, quando il Parco era stato istituito con legge (
1997 ), quegli itinerari fondamentali di scoperta e conoscenza del territorio
veientano non erano più percorribili.
Proprio qui amaramente constatammo i frutti nefasti dei nuovi tempi. La
diffusione e lo sparpagliamento delle ville, che vedevamo nascere ai tempi dei
primi sopralluoghi, imponeva un nuovo modo di vita nelle campagne. Laddove il
contadino viveva libero da ogni paura, ora il cittadino non aduso agli spazi
liberi ed aperti imponeva con arroganza e spregio della legge le esigenze della
sua sicurezza. I cancelli sono stati chiusi, le poderali interrotte con
sbarramenti, o addirittura cancellate dai trattori, le proprietà puntualmente recintate.
Il territorio stesso spezzato in tanti scampoli, come il sogno di un grande
parco storico e paesaggistico libero ed aperto alla visita in ogni sua parte.
La Tenuta del Pino invita ancora ad
entrare a Veio dalla via Cassia, ma finisci nel cul de sac delle recinzioni
senza raggiungerne l’Acropoli di Piazza d’armi. Quel lungo percorso naturale
che era degli Etruschi nel fondovalle del Crèmera partendo dalla diga di
Castelgiubileo è ora incredibilmente sbarrato in più punti. Stessa cosa lungo
la valle della Crescenza, dove 20 ville con le loro pretestuose recinzioni
cancellano la storia stessa dell’antico isolamento. E quando nel cuore
archeologico del Parco insisti per scendere nelle forre per ritrovare i Bagni
della Regina o la via per la Porta Capena ancora una volta ci sono reti
invalicabili quanto inutili. E dove non ci sono i privati, dove il lungo
itinerario per Veio inizia, a ridosso dell’ultimo edificato, ci pensa
l’Istituto Marymount, per ricchi studenti americani a sbarrare per sicurezza la
storica via di accesso.
Abbiamo vissuto con rassegnazione questa decadenza delle luminose speranze
di allora. Ed abbiamo associato il mancato obiettivo di aprire e rendere
agibili vie e sentieri di visita delle aree protette alla generale regressione
culturale di questi anni. Alla affermazione del liberismo e dei suoi associati
egoismi, alla esaltazione del privato e delle privatizzazioni, che furono oggetto
primario delle battaglie di Antonio Cederna. Alla volontà delle classi
politiche che governano in Comuni e Regioni di annichilire i parchi ed ogni
fastidiosa area protetta e vincolata.
Grazie Francigena ora si espropria
per “ Camminare “
Ma ecco che un fatto nuovo ed inaspettato ci viene improvvisamente in
soccorso. Sono i Cammini d’Europa. O meglio, lo stimolo che ci viene dalla
cultura nord europea a favorire, realizzare e collegare in una rete i cammini
di fede e quelli di antica tradizione. In principio fu la Francigena ed infine
lo scorso anno il clamoroso esempio dell’Appia di Rumiz. Percorsa tutta a piedi
da Roma a Brindisi, lungo tracce , suggestioni ed antichi residui monumenti,
dal suo piccolo gruppo diventa l’evento culturale dell’anno e costringe lo
stesso Ministro dei Beni Culturali ad intervenire
su questa nuovo settore culturale e turistico. Moderno ed antico allo stesso
tempo. Rivincita della lentezza e del paesaggio.
Tornando a Veio, tornando sui nostri passi, sia pure senza entusiamo per far
conoscere i luoghi ad amici ignari ora la inaspettata scoperta. Dalla Cassia di
Formello puntando diritti sul sito della antica Veio, dei mitici centomila
abitanti, non vi era modo di arrivare sull’altopiano di cento ettari delimitato
dai due fiumi. Lo si poteva solo vedere da lontano. Ed invece ecco sulla nostra
destra una ruspa. Che per una volta non verrà maledetta. Ha aperto un tracciato
nella macchia. Lo seguiamo e passiamo nei pressi della famosa Tomba Campana, da
tempo non più raggiungibile, e su questa traccia costeggiando il profondo della
forra eccoci a superare il corso del torrente Crèmera sul tunnel scavato dagli
Etruschi: il Ponte Sodo. Per giungere così al centro stesso di Veio e ad Isola
Farnese.
Il sentiero diventa “ opera pubblica
indifferibile ed urgente “.
Ci rendiamo conto che siamo di fronte ad una svolta.
Le strade sono intuitivamente l’ opera pubblica per definizione.
Da più di un secolo esse vengono costruite da chi governa per rendere il più
rapido possibile il collegamento tra le città ed a seguire per collegare tutto
a tutto sempre più velocemente. Con una rete stradale invasiva fin nei luoghi
più remoti.
Col tempo la strada ha formato un binomio indissolubile con l’automobile.
E proprio per questo da più di un secolo l'opera pubblica "
indifferibile ed urgente " è stata identificata con l’asfalto di strade ed
autostrade.
Per esse ogni esproprio è stato ed è considerato a tutt' oggi sempre e
comunque praticabile, quali che siano gli interessi colpiti. Laddove come
sappiamo l'esproprio in tempi di liberismo appare istituto logoro e contestato.
Chi poteva immaginare espropri se non
per nuove strade d’asfalto. E invece qui si è espropriato, o comunque, imposto
ai privati di far passare chi procede a piedi.
Il cammino, l' andare a piedi, gli
itinerari lenti vengono riconosciuti come valore emergente. Come interesse
pubblico primario.
Qualcuno potrebbe obiettare che non è vero, poiché oramai si fanno ovunque
piste ciclabili. Va allora chiarito che le piste ciclabili, pur apprezzabili in
assoluto, sono frutto di esigenze sociali diverse, strumenti di politica urbana
della mobilità, non eventi culturali.
Vengono realizzate, ancora una volta in nome della rapidità, della mobilità
individuale, dell' inquinamento da abbattere, della salute, e in fin dei conti
da realizzare in ambiti già pubblici. E per quanto ne so, aggiustandosi alle
disponibilità di aree che non comportino espropri.
Con il " cammino" il nuovo valore è la lentezza. Con essa l' attenta
osservazione, e mi permetto di essere ottimista, con essa anche il “ Paesaggio
”.
Constatiamo che con ben due Varianti della Francigena, e sempre all’interno
del Parco di Veio, la Pubblica Amministrazione si è fatto carico di facilitare il "
cammino " e ad esso consentire di cogliere storia, bellezza e paesaggio.
Si sono mossi progettisti, imprese, ed adottati appalti e lo sottolineo ancora:
espropri. Sono stati impegnati un milione e 800.000 euro.
Una speranza per i tracciati
antichi abbandonati e dimenticati
Eravamo abituati a vedere tutti gli itinerari nati per muoversi a velocità
naturale, a piedi o a dorso di mulo, destinati a morire, abbandonati a sé
stessi, preda delle pretese e della arroganza dei proprietari viciniori oppure
destinati ad essere cancellati dalla natura selvatica. Chiuse da rovi
inestricabili o sbarrate da cancelli, sbarramenti, minacciosi cartelli di
proprietà privata.
Mi riferisco prima di tutto ai tratturi, tanto declamati, quanto obnubilati,
persi, e fagocitati.
Ed ancora alle mulattiere di media montagna, che non hanno avuto il privilegio
di essere riutulizzate come sentieri per l'attività esursionistica montana.
Ed infine all' intera rete delle strade poderali, vittime, ahinoi, della
residenzialita' diffusa caoticamente nelle campagne.
La villettopoli dei nostri incubi, che cancella anche il paesaggio.
E invece da ieri L’ASTRAL, che è l’ANAS della Regione Lazio, è stata messa al servizio dei “ cammini “ e dei sentieri.
I sentieri sono la vita stessa del Parco.
Tutto questo è in grado di rianimare gli Enti Parco che gestiscono le aree protette nell’area metropolitana. Sono senza consigli direttivi, senza finanziamenti, con i Piani di Assetto non ancora approvati in Regione e stanno rischiando molto. Senza sentieristica, poi, carente da sempre i Parchi vengono inesorabilmente dimenticati.
Vogliamo credere che questo precedente possa ricondurre gli Enti Parco all’iniziativa, offrendo loro un meccanismo surrogatorio della attuale incapacità di esproprio e di spesa.
Ora gli Enti Parco potrebbero con le più varie motivavazioni invocare l' ASTRAL per la Francigena del sud, per il cammino di S.Benedetto, per il pellegrinaggio alla Madonna del riposo o del Divino Amore, per il cammino dei laghi o quant’altro. Insomma con un po' di fantasia gli Enti parco, anche con sponsorizzazioni, ( come dimenticare il Finanziamento della Società Autostrade per il Parco dell’Appia perso per motivi ideologici ) potrebbero ora mettere mano, per interposta persona, alla realizzazione della rete sentieristica di visita e conoscenza delle nostre amate aree protette.
Qualche appunto sui modi di realizzare i nuovi tracciati
La soddisfazione di vedere aperti dei tracciati da poter percorrere a pieno diritto, e non più sotto il ricatto dei proprietari delle aree attraversate, ci consente di essere più benevoli nel giudicare i modi di realizzare questi nuovi percorsi.
Anche se “ tragicamente “ appaiono le insufficienze di una classe tecnica che per la prima volta si confronta con un opera " leggera " e che la appesantisce di orpelli o peggio di obbrobri.
Di buono ci sono la larghezza ed il fondo stradale.
La larghezza è misurata. Sempre eccessiva, ma meno per fortuna di una pista ciclabile. Il battuto di tufo ritengo sia consonante con il paesaggio attraversato.
Poi si sbraca sul resto.
La rete alta 2 metri con pali di castagno regalata al proprietario del fondo è a filo con il percorso.
Una staccionata alla romana con pali di castagno si sviluppa senza alcuna ragione per centinaia di metri per segnare il camminamento, anche dove non vi è alcun pericolo. Sentono i progettisti la necessità di addomesticare la campagna, troppo primitiva ai loro occhi. La si fa goffamente assomigliare ai giardinetti sotto casa. Se si corre al limitare di un confine squadrato il sentiero piega improvviso ad angolo retto. Il ponte eccessivo e pesante poggia su plinti di poderoso cemento grezzo. Per la sicurezza dei pedoni poco ci manca che non mettano gard rail ai lati del ponte. I progettisti lo si vede bene, non hanno mai camminato. Chiamati ad improvvisare balbettano, ma per intanto procedono. Se continueranno con le staccionate e magari anche con l’illuminazione, li richiameremo alla realtà di quello che realmente serve per camminare lungo decine o centinaia di chilometri.
Ora ciò che importa è procedere, dare ad ogni costo a ciascun Parco la sua rete sentieristica. Il modo c’è speriamo nasca anche la volontà di adottarlo.
0 commenti:
Posta un commento